Il cerchio di scrittura è un’attività di condivisione del processo creativo inteso come “medicina catartica”, svolta in uno spazio sacro e protetto.
Ci si siede in cerchio e si scrive su temi che possono essere scelti insieme, oppure proposti dalla guida o in alcuni casi richiesti dalla particolare situazione che si viene a creare nel gruppo.
Per ogni tema si scrive individualmente e a tempo limitato (10, 15 minuti). Finito il tempo di scrittura, i membri del cerchio che lo desiderano possono a turno leggere ciò che hanno scritto. È fondamentale non commentare o giudicare gli scritti (propri e altrui), soprattutto in termini di bello/brutto o giusto/sbagliato. Questo fa si che si crei un’atmosfera sicura, che consenta a chi partecipa di esprimersi liberamente ed entrare appieno nel processo creativo ed emotivo, lasciando che arrivi tutto ciò che deve arrivare.
Fondamentale è scrivere senza badare alle regole grammaticali o ai canoni stilistici, lasciando andare la penna sul foglio senza interrompersi, vivendo il flusso che dalla mente, dal cuore o dalla pancia passa per il braccio e la mano fino ad arrivare al foglio.
Non è una performance, ma un momento di riflessione e guarigione supportato dal gruppo e vissuto con empatia.
Come nella medicina sciamanica, si lavora su quattro piani:
Fisico (l’atto dello scrivere);
Energetico e di potere (la nostra creatività e il nostro immaginario ne sono fortemente dotati);
Psicologico e mentale (la riflessione post processo creativo);
Animico e Spirituale (si possono aprire porte dentro di noi solitamente chiuse)
Il cerchio di scrittura è una grande opportunità per guardarsi dentro, per incontrare e ascoltare il proprio inconscio, per specchiarsi silenziosamente nell’altro, per vivere una catarsi creativache porta puliziae leggerezzanella nostra vita.
Contattami per organizzarne uno! (possibilità anche online)
“Solo per lavoro, per fare la spesa e per motivi di salute”
Era il 9 marzo 2020. È passato quasi un anno da quando la mia vita e quella di tutti è cambiata per sempre.
Ricordo di aver pensato con dispiacere che avrei dovuto aspettare non si sa quanto per rivedere il mio compagno che stava dall’altra parte dell’isola e non poteva raggiungermi. E infatti, ci siamo visti dopo ben quattro mesi, che hanno messo a dura prova la nostra relazione.
In quei giorni di pandemia era mio ospite un caro amico. Aveva deciso già agli albori del lockdown di non ripartire e di vivere con me quell’esperienza. Ricordo che insieme avevamo anche pensato che – nel caso in cui finisse quella potabile nei supermercati – avremmo potuto far bollire l’acqua del rubinetto, che qui dove vivo io non è proprio il massimo.
Ricordo di aver pensato, almeno per una settimana, che fosse vicina la fine del mondo.
Una notte mi sono addormentata pensando che forse il giorno dopo non sarebbe mai arrivato.
Paradossalmente però le giornate scorrevano veloci tra notizie, complotti, lezioni e attività online, meditazione, telefonate tra amiche.
Il fuoco nel camino, ogni sera alle sette.
Una sensazione fortissima di precarietà si è accampata nel mio cuore e non credo andrà più via.
Poi sono arrivate le maratone di scrittura, i laboratori online e quella voglia di puntare tutte le mie energie su questo nuovo lavoro, la scrittura.
Senza la pandemia forse non sarebbe mai successo!
E anche oggi mi sento autorizzata da questa situazione particolare a perseguire il mio sogno, come se avessi visto la morte in faccia (pur non avendolo fatto) e avessi compreso che la vita è troppo precaria per fare qualcosa che non mi piace fare.
Questa svolta mi ha mostrato che non sono sola, che l’Universo suona anche per me una melodia a volte difficile da ascoltare, ma che non smette mai, e dona ritmo alla vita.
Scritto durante una sessione del laboratorio di scrittura autobiografica “Dal dolore alla gioia”
Non puoi permetterti di essere pesante, oggi. Le lacrime che non escono, le cose non dette, una grattugia sul cuore. Mancanza di qualcosa, qualcosa che non so individuare. Le emozioni sono troppo multisfaccettate per poter essere isolate. Mi alzo dalla scrivania con un senso di lacrime conservate per anni e anni.
Non puoi permetterti di essere pesante, oggi. Le persone belle sono allegre, sono felici, sono sempre a mille. Ma come faccio a reggere dopo quello che so di me? Ce la faccio eccome, mi alzo la mattina e dopo qualche ora di tentennamento riconosco di essere viva, di poter sorridere comunque, nonostante tutto.
Non puoi permetterti di esser pesante, oggi. Le canzoni di Baglioni non le ascolto più, sono troppo per me. Mi riportano lì, in quello spazio di dolore in cui non voglio assolutamente andare.
È un grigio di pioggia, un frigorifero vuoto, un bicchiere a cui tenevi che si rompe, un sogno negato. Qualcosa che non tornerà mai più. È un rumore bianco nel sottofondo delle mie giornate, anche quelle più belle. Una polvere che ricopre le mie cose, un giocattolo che non diverte, ma.
Non puoi permetterti di essere pesante, oggi.
Scritto durante una sessione del laboratorio di scrittura autobiografica “Dal dolore alla gioia”
Che cos’è il Natale? Un presepe poco convinto che riproduce una famiglia che non esiste più?
Mia nonna e il cocktail di gamberetti nelle coppe di vetro spesso. Con quella salsa rosa e l’insalatina anonima e dolce. Buonissimo! I divani in pelle nel salotto buono pieno d’argento e cristallo, non toccare niente, ché che lo rompi!
L’entusiasmo per i regali sotto l’albero, il puntale e le ghirlande tra gli aghi, che poi me le mettevo a mo’ di collane e mi pizzicavano tutto il collo, però che eleganza!
A casa dei miei il camino acceso e quel Babbo Natale finto venuto a portarmi in dono Lady Lovely, coi capelli bellissimi, desiderio antico di mesi.
No, Babbo Natale non deve mai farsi vedere dai bambini, perché i bambini non sono scemi. Io l’avevo capito subito che non era lui, che quindi non c’era nessun Babbo Natale, ma non avevo detto nulla e da quell’anno ho deciso di reggere il gioco ai miei, per paura di non ricevere più i regali. Avevo sei anni.
Qualcuno poi da un anno all’altro decide che i regali si aprono il 24 a mezzanotte, pessima idea, dico io, perché è molto meglio andare a dormire sognandoli e poi trovarli sotto l’albero la mattina dopo, e scartarli tra un boccone e l’altro di panettone, col latte caldo…
Ma mi adatto, mi persuado anche io che è meglio così. Tutto e subito. Specchio del nostro tempo.
Da adolescente cene di pesce eleganti, coi parenti, e poi a mezzanotte si esce, si va in viale Europa per bere qualcosa e scambiarsi i doni con amiche e fidanzato.
Oggi?
Per me la vigilia ha perso molto del suo fascino, sembra non aver senso senza bambini.
Il mio bambino interiore ormai sa che Babbo Natale non esiste, e spaesato si guarda intorno cercando la Befana, pur sapendo che lei pure è un artifizio, una tradizione che cerca di sopravvivere alla fine del fascismo, che sembra non arrivare mai.
Ma non è vero, non è vero nulla. Lo spirito natalizio va e viene, ma mai muore. Può essere triste, disperato, felice, rincuorato, represso, egoista, drogato dai regali e dai baci sulle guance, ma dentro di me ci sarà sempre.
Come quel cocktail di gamberetti.
Testo scritto durante il laboratorio di scrittura autobiografica “Writefulness Dal dolore alla gioia e in seguito editato. Il prossimo corso partirà questo mese, è in corso la formazione del gruppo. Per saperne di più clicca QUI o contattami cliccando sul pulsante qui sotto per mandarmi una mail, senza impegno.
“Che dispettoso! Me lo immagino che fa questa scenetta vicino a una fontana, in assoluta armonia col gioco del bambino e del piccione. Un poeta fa queste cose si prende gioco della vita ordinaria. Trasforma la banalità della vita in capolavoro. Osserva a distanza e contemporaneamente si fa rapire da tutto. Riesce a leggere il tessuto di cui è fatto il mondo, poi ti schizza saltando dentro a una pozzanghera dopo il temporale estivo.
Giocare nella vita è fondamentale in alternativa la vita è un viaggio verso la morte, e i poeti lo sanno, quindi giocano. Coi sentimenti, con le parole, con le persone. Non lo fanno per cattiveria, ma per sopravvivere! Altrimenti la loro esistenza suonerebbe vuota e vana.
Giocare con le parole. È una cosa che mi ha insegnato mio padre, che poeta non era. Non sapeva scrivere poi tanto bene mio padre, eppure la poesia e la bellezza nella vita la sapeva trovare. Nonostante poi fosse un uomo di scienza. Conosceva, appunto, il tessuto di cui era fatto il mondo. Un segreto, un mistero in continuo disvelarsi e rivelarsi. Aveva dei capelli così folti, che sembravano il nido dei suoi pensieri. Uccelli velocissimi, i suoi pensieri, abili nel volo libero e leggero, ma anche attenti osservatori di tutto ciò che accade a terra. Sempre per una questione di sopravvivenza, come per i poeti. Quindi ecco il piccione della poesia di Paolo. Un uccello disprezzato sembra faccia solo una cosa: cagare. Suscita lo schifo dei più. Che uccello è il piccione? Il colombo. Quello che dovrebbe incarnare lo spirito della pace, l’uccello che ha utilizzato Noè per assicurarsi che fosse tutto a posto sulla terra, adesso è dispensatore di merda e speciali pidocchietti rossi.”
Nessuna modifica, nessun filtro. Ancora mi viene difficile non dare una forma e una struttura che comunichi con l’esterno, quando scrivo nel flusso durante le maratone, ma è normale. Tutti noi tendiamo a pensare “costruito”. Certo, questo testo non è certo perfetto, non è editato, si potrebbe migliorare di molto. Ma l’ho lasciato così di proposito. Vi ho voluto regalare questo scritto perché ne apprezzo il percorso. Partendo dal piccione della poesia di Paolo Agrati (che ho usato come spunto) ho parlato della figura del poeta passando per i giochi di parole, arrivando fino a mio padre, tornando poi al poeta e infine al piccione. Un percorso circolare davvero interessante. Quello che più mi interessa è proprio il cuore di questo percorso. Difficilmente scrivo di proposito di mio padre. Mi ha lasciato nel 2017, è un lutto per me ancora in fase di elaborazione. Mi ha stupito molto averne scritto così, improvvisamente, dal nulla.
Questa è la scrittura libera. Da un argomento totalmente impersonale, possiamo arrivare a incontrare, toccare e rilasciare le nostre emozioni nascoste, inattese, temute. È molto catartico e poetico.
Durante le maratone di scrittura che io propongo come gioco, succede questo. Si ride, si piange insieme.
Io non lo esplicito, ma quello che si crea è uno spazio sacro. Uno spazio sacro e protetto. Tutto ciò che accade durante la maratona, rimane in quel cerchio. Esce solo se necessario, come in questo caso, ed esclusivamente se il diretto interessato lo fa di sua sponte o autorizza a farlo. Io e tutti i partecipanti siamo i custodi delle emozioni nel cerchio. E’ un gioco, ma un gioco sacro.
Questo mi sta permettendo di unire due delle tre cose più importanti nella mia vita: la scrittura e la spiritualità. La terza cosa più importante sono le relazioni.
La stessa cosa accade durante il mio Laboratorio di lungo corso di scrittura autobiografia, “Writefulness Dal dolore alla gioia”. Durante questo spazio sacro, ci concediamo di rivivere o vivere per la prima volta emozioni della nostra infanzia o adolescenza, di far parlare l’io bambino, oppure di dare spazio a quell’adulto che lo coccola e lo protegge.
Molte partecipanti al mio laboratorio sono donne, madri che riescono grazie alla scrittura a ritagliarsi qualche ora solo per sé, per il proprio benessere emotivo. Se anche tu hai questo bisogno, Dal dolore alla gioia è l’attività che fa per te!
Le tue emozioni sono importanti. Hanno bisogno di spazio e di tempo, di riconoscimento ed elaborazione!
La scrittura autobiografica permette questo, attraverso la poesia e i giochi di parole, il rovesciamento del punto di vista. Offre mille espedienti per elaborare il dolore e trovare la bellezza nelle piccole cose della nostra vita che avevamo dimenticato.
Se desideri avere più informazioni sui miei laboratori, puoi fare due cose:
Se c’è una cosa che amo nel mio lavoro, sono le collaborazioni e le sinergie.
La scrittura è un mezzo espressivo e un atto creativo che si può applicare alle più disparate situazioni, anche quelle più improbabili.
I miei amici mi prendono un po’ in giro ogni tanto, coniando nuovi hashtag tipo: #scriveresupermercato #scriverealberi #scriverecagnolini. Loro scherzano, e io rido insieme a loro, ma per me è davvero #scriverequalsiasicosainqualsiasisituazione!
Il magico potere dell’autoronia!
Ma torniamo a noi. Convinta che la scrittura possa supportare ed essere supportata da altre attività collaterali, ho avviato due nuove collaborazioni:
con Ivano Naiely (che è anche il mio compagno <3) del quale potrete sapere tutto visitando il suo sito web, la pagina facebook oppure quella instagram. Insieme a lui mi occuperò di favorire la connessione tra l’essere umano e il mondo minerale, vegetale e animale. Per farlo utilizzeremo un dispositivo molto interessante, creato a Damanhur negli anni 70, “Bamboo – Music of The Plants”, che permette di trasformare gli impulsi elettrici delle piante in suoni udibili dal nostro orecchio umano. Un’esperienza davvero interessante! Ivano possiede una grande connessione con Madre Natura ed è assolutamente capace di condividere questa cosa con l’altro e anzi, agevolarla in chi trova difficoltà a trovarla. E’ davvero importante che oggi ci concediamo momenti di immersione totale nella natura. E’ scientificamente provato che stare in natura allevia lo stress, l’ansia, la frustrazione, la sofferenza mentale. E anche la scrittura agevola questo alleggerimento, porta ordine e chiarezza mentale, permette di scaricare le emozioni negative e osservarle con distacco. E permette anche di rapportarci meglio con noi stessi e col mondo che ci circonda. Quindi mettere insieme natura e scrittura è una vera bomba di benessere! Ivano e io vi accompagneremo alla scoperta di un luogo dentro e fuori di voi e attraverso un’edizione speciale di Scrivere Luoghi, laboratorio di scrittura creativa e geografia affettiva, ci metteremo in comunicazione con i diversi elementi della natura. Come? Beh, non posso dirvelo! Per scoprirlo dovrete partecipare all’escursione “Scrivere Luoghi – Sotto la Cascata”, che si terrà il 1 novembre 2020 all’interno dello splendido Parco Lu Cantaru, nell’Argentiera (SS). Cliccate QUI per saperne di più. Se non avete Facebook, cliccate QUI per mandarmi una mail.
Ivano e Io
con Rita Gadau, un’artista sensibile e favolosa. Rita si dedica alla realtà rurale che fa parte davvero della sua vita. Soprattutto si dedica alla lana di pecora, e lei le pecore le conosce davvero, non le ha solo viste nelle foto! Sulla sua pagina facebook potete avere un assaggio del suo lavoro artistico. Insieme abbiamo ideato un laboratorio che unisce la filatura della lana e la scrittura delle nostre memorie, “La lana e la memoria” previsto anch’esso al Parco Lu Cantarudomenica 22 novembre2020. Districheremo la lana, i pensieri, i ricordi, scopriremo il filo conduttore della nostra vita e potremo trovare in esso i nodi e chissà, in qualche modo, scioglierli! In questo caso, utilizzeremo la scrittura espressiva ed emotiva. E’ una scrittura legata prevalentemente alle nostre emozioni e ai nostri ricordi, direttamente collegata alla scrittura autobiografica e al memoir. Ci consentirà di esprimere emozioni dimenticate, ci farà scoprire parti di noi che avevamo messo da parte ma che ancora premono sul nostro cuore e sulla nostra pancia. Per saperne di più sull’evento, cliccate QUI. Se non avete Facebook, potete scrivermi cliccando QUI
A supportare me e Rita in questa avventura sarà l’Associazione Culturale “Il Mandala” che ringrazio immensamente per l’entusiasmo e la fiducia che ci dimostra giorno dopo giorno.
Per saperne di più su tutti i miei servizi e le mie attività laboratoriali visita il mio sito oppure contattami QUI
Rimedio contro la solitudine, l’insicurezza, la confusione, la timidezza, lo stress, la frustrazione, il blocco creativo, il blocco emotivo, la scarsa introspezione.
Ritrovare emozioni perdute connesse al nostro vissuto e, attraverso la penna, come se fosse una bacchetta magica, rielaborarle. Dal dolore, alla gioia.
Quante volte hai sentito l’esigenza di trasformare in qualcosa di più di un semplice sfogo quegli scritti densi di emozioni che hai buttato giù con lo scopo di alleggerirti dai pesi della vita quotidiana?
Quante volte avresti desiderato “mettere ordine” alla tua vita scrivendone gli episodi più salienti, trasformandola in una storia portatrice di un messaggio, per te e per gli altri?
Quante volte ti sei chiesta o chiesto a cosa servisse scrivere pagine su pagine su un diari e quaderni, riempiendoli pian piano di aneddoti, sentimenti, poesie, avvenimenti?
Scrivere è un modo di lasciare un segno, è una pulsione ormai innata nell’essere umano, un animale molto particolare che fonda la sua evoluzione e la sua crescita personale, evolutiva e – per chi ci crede – animica, su un qualcosa che può essere oggettivo e collettivo insieme: la memoria.
La memoria perduta, quella ritrovata, quella conservata.
Attraverso gli esercizi che svolgeremo insieme durante gli incontri e a casa, ti darò gli strumenti tecnici per trasformare i ricordi e le emozioni legate a essi in storie e aneddoti da raccontare fruibili in maniera più soddisfacente in primo luogo a te e solo in secondo luogo agli altri.
Dal dolore alla gioia è un laboratorio fondato sulla condivisione amorevole dell’esperienza di scrittura.
Tutti i partecipanti al laboratorio saranno invitati a leggere a voce alta quanto scritto, ma non saranno obbligati a farlo.
Come negli altri laboratori writefulness, ciò che conta non è “il risultato performante”, ma il piacere dell’allenamento e dell’atto di scrittura in sé e il processo che ci porta a scrivere una cosa piuttosto che un’altra.
L’intero laboratorio si svolge utilizzando la scrittura manuale, durante gli incontri che partiranno dalla pratica dei partecipanti per illustrare la teoria e apprenderla così in maniera ancora più efficace.
Tutti i partecipanti possono inviarmi il materiale scritto per un editing più approfondito, qualora lo desiderassero.
ARGOMENTI TRATTATI:
Temi della scrittura autobiografica
Lo stile (incipit, linguaggio, dialoghi, punteggiatura, ritmo, ecc ecc)
I ricordi (parole chiave, cluster, sogni, emozioni, ecc ecc)
La tecnica (punto di vista, ritmo, figure retoriche, ecc ecc)
L’autobiografia e il romanzo autobiografico (I temi, la struttura)
Era il 1998, forse il 1999, ed ero al liceo. Scrivevo, scrivevo e scrivevo… continuamente e compulsivamente. Diari, poesie, flussi di coscienza. Avevo anche una complice, la mia amica Anna. Con lei scambiavamo scritti e impressioni. Adolescenti, spaziavamo dalle pene amorose a quelle esistenziali. Ci bastava scrivere per stare meglio, per avere la sensazione che tutto quel tormento interiore stesse dando vita a qualcosa.
Arrivammo a scrivere sulle scarpe; allora c’erano le Dr. Marteens (per chi non poteva permettersele c’erano le imitazioni…) e mi ricordo di quando camminavamo fiere nei corridoi e nel cortile del liceo classico più fighetto di Cagliari destando non ho capito bene ancora oggi se l’ammirazione o il ribrezzo dei nostri compagni di scuola.
E poi una sera concepimmo questa t-shirt su cui Anna scrisse “Mi ribello a tutto ciò”, che era una nostra frase topica, da noi spesso declamata. Non ricordo bene a cosa ci stessimo ribellando nello specifico, probabilmente a tutto, come molti adolescenti. Ma oggi, riguardandola e indossandola, non mi interessa tanto ricordare questo. Mi interessa ricordare di come fossero profondamente legati la ribellione a uno stato d’essere e l’atto creativo.
Da qualche tempo rifletto sulla creatività come atto ribelle e disobbediente.
quasi una certezza, ormai, per me: l’atto creativo è un atto di ribellione.
E viceversa: la disobbedienza è un atto creativo.
Probabilmente sono già stati scritti in merito trattati filosofici, politici, artistici e sociali da personalità di spicco, che io non ho letto. Ciò che leggete è frutto delle mie esperienze di scrittura personale e di laboratorio, e delle riflessioni scaturite dal mio vissuto.
Durante i laboratori Writefulness fornisco ai partecipanti le regole da rispettare. Mi è capitato di osservare come ogni partecipante reagisse alle regole imposte in maniera differente. C’è stato chi, pur di scrivere, ha disobbedito, cercando la condizione meno avversa per il proprio atto creativo. L’urgenza di scrivere andava oltre le regole. Portare a termine la missione era la cosa più importante, in quel momento. Al diavolo le regole, io devo scrivere!
C’è stato anche chi ha rinunciato. Chi non si è ribellato alle imposizioni, e non è riuscito a creare.
Per esempio, nel corso di uno “Scrivere Luoghi” a Torino, ho scelto come location la Chiesa della Grande Madre. Avevo già visitato quel luogo da sola, una mattina infrasettimanale, e mi aveva profondamente toccato. Deserta, silenziosa, accogliente, materna.
Quando ci recammo lì per il laboratorio, di domenica, mi accorsi che non avevo tenuto conto di una cosa: la Santa Messa. Me ne fregai. Dissi ai partecipanti: entrate in chiesa e scrivete per 30 minuti.
Erano tutti abbastanza perplessi. Molti non se la sentivano di entrare, perché c’era un rito in corso e sembrava una mancanza di rispetto.
Alla fine, pochissimi rimasero fuori, convinti che dentro non sarebbero mai riusciti a scrivere.
La maggior parte di noi entrarono. Immaginate dieci persone che entrano in una chiesa durante la funzione, si siedono sparpagliati fra i fedeli, aprono il proprio quaderno e cominciano a scrivere. Abbiamo superato la vergogna, abbiamo superato un limite. Abbiamo fatto una cosa che, solitamente, “non si fa”. Qualcuno, candidamente, al momento della condivisione ha dichiarato “Io non sono riuscito a scrivere, mi sono ritrovato ad ascoltare l’omelia del sacerdote”. Alla mia domanda “Perché non siete usciti pur di scrivere?” hanno risposto “Ci hai detto che dovevamo stare dentro”. Al che ho esclamato “Potevate disobbedire! Disobbedite! Anche a voi stessi! Superate i limiti, sia quelli che vi vengono imposti che quelli che vi auto-imponete!”
Dove voglio arrivare?
Al punto da cui sono partita: la nostra anima creativa, per palesarsi, deve chiamare in causa la nostra anima ribelle.
A che cosa? A qualsiasi cosa. Alle regole, quelle imposte e quelle autoimposte; agli schemi, sociali o personali; alle credenze. Infine, alla morte. L’atto creativo dell’essere umano arriva sempre dal desiderio di sconfiggere e lottare contro la morte. Dare la vita a qualcosa (o a qualcuno, nel caso di un figlio) significa lottare contro la morte. E se è vero che la morte è una regola alla quale non possiamo sottrarci, la pulsione verso la sua sconfitta genera nella maggior parte dei casi, bellezza.
Genera Arte.
P.s: Non credo sia un caso che io abbia scritto e pubblicato questo nel giorno della Festa della Liberazione. Ne approfitto per farvi gli auguri e per ricordarvi che la Libertà nasce dal nostro universo interiore, ma spesso ha bisogno di condizioni esterne limitanti per esprimersi al meglio.
Ti scrivo una lettera dal carcere. Sono in tua compagnia, e già questo basterebbe a confermare che sola non lo sono affatto.
Come stai tu? Te lo chiedo perché sicuramente nessuno lo fa. Chi è che si preoccupa di sapere come sta la solitudine?
Ti senti trascurata? Lo so, lo so. Ah no? Dici di no? Dici che siamo soli? Che sei sempre con noi? Anche quando pensiamo di avere compagnia? Che concetto curioso, spiegati meglio!
Ok, quindi anche quando stavo con Maurizio ero comunque sola? Beh, in effetti, a volte…
Tu dici quindi che noi facciamo finta di non vederti? Che cosa terribile, mio Dio, quindi ti senti ignorata? Ma hai da mangiare e da bere? Ah, ok, allora tutto a posto. E il lavoro ce l’hai? Beh, devi trovarti un lavoro, altrimenti come fai a vivere? No, non puoi fare sempre beneficienza… devi pensare al futuro. Ora sei giovane ma poi… invecchierai e come farai senza pensione? Stai attenta! La cosa migliore che potresti fare sarebbe un’assicurazione sula vita.
E un compagno ce l’hai? O una compagna, insomma, va bene lo stesso, qualcuno con cui stare, con cui mettere su famiglia. Tanto ormai volendo anche le coppie omosessuali possono adottare, basta emigrare nel paese giusto. Ah, non vuoi fare famiglia? Come sarebbe? Come sarebbe a dire “sto bene così”? Scusami ma non sei normale. Sicuramente hai delle ferite del passato che ti hanno fatto chiudere così…
Macché, non è vero che sei nata per stare da sola! Queste sono fesserie che ti hanno messo in testa o, peggio, che ti sei messa intesta tu dopo qualche delusione amorosa. Non dico che esista l’anima gemella, ma qualcuno per noi c’è. Per tutti c’è.
Come dici? Ontologica? Dici che tu sei ontologicamente sola? Eh, dai, solo perché ti chiami “Solitudine” non vuol dire che debba stare sola. Sarebbe come dire che tutte la Claudie sono ontologicamente zoppe! Lo so, è stato un colpo basso. Modestamente ho fatto il classico, ma resto umile eh! Dai, adesso ho parlato troppo, parlami di te.
Silenzio.
E’ questo il tuo linguaggio? Il silenzio? Poi non ti lamentare se non hai amici. Parla, dì qualcosa! Io nel silenzio non mi sento molto a mio agio. Come sarebbe a dire “si vede”?
Allora me ne vado, scusa. Tanto vale starmene da sola.
E’ meglio sia per te che per me.
Questa sorta di “monologo telefonico” è stato scritto da me durante una Maratona di Scrittura.
Che piacevole chiacchierata quella che c’è stata con Laura stamane, in diretta sul profilo Facebook della Farmacia Fanni di Villacidro!
Come spesso accade, raccontarsi e raccontare agli altri il proprio lavoro aiuta a fare chiarezza sul percorso intrapreso. Così, mi sono ritrovata a parlare con Laura in maniera molto naturale, proprio come con un’amica davanti a una tisana, dei miei laboratori Writefulness, della scrittura libera e non performativa, degli strumenti tecnici e professionali della scrittura cinematografica che sto integrando a quelli della meditazione e della ricerca interiore, per aiutare le persone a conoscersi meglio e amarsi di più, scrivendo.
Per farvi un’idea della mia formazione poliedrica e degli argomenti toccati vi consiglio queste letture:
Il viaggio dell’eroe di Chris Vogler (archetipi) – Se vuoi acquistarlo clicca qui
Scrivere Zen (scrittura creativa) di Natalie Goldberg – Se vuoi acquistarlo clicca qui
Spero che gli ascoltatori vorranno approfondire alcuni concetti leggendo questo blog e “frugando” i miei profili social, oppure contattandomi direttamente. Se avete domande o volete maggiori informazioni sul mio lavoro, non esitate a farlo.
Ecco tutti i contatti:
E- Mail: carlamarcialis@gmail.com
Blog: carlamarcialis.wordpress.com
Profilo Instagram: carla_marcialis_
Pagina Facebook: Carla Marcialis Writefulness Trainer
Eternamente grata a Laura e alla Farmacia Fanni Villacidro, che si prende cura di mente, corpo e anima dei suoi clienti.
Ps: ecco invece dove potete trovare qualche informazione sui “compagni di avventura” che ho citato a fine chiacchierata e che potrebbero partecipare alle prossime dirette: