Da quanto mi ricordo, nella mia vita il latte c’è sempre stato. Per colazione non poteva mancarmi, con il caffé (o il cacao, quando ero una bimba) e i biscotti. A volte è stato persino la mia cena: latte caldo e pane raffermo. Buonissimo. La più grande coccola della mia vita.
Per me, una vita senza latte, non era contemplabile. Era un bisogno, una necessità. Quando mi succedeva per qualche motivo di non berlo a colazione, puntualmente, anche se pranzavo, alle 15 mi assaliva un mal di testa terribile e dicevo: ecco, questo è perché a colazione non ho bevuto il latte! Io senza latte non posso vivere!
Sembra tanto una dipendenza, vero?
E intorno a me tante persone non la vivevano allo stesso modo. Stavano benissimo anche senza latte. Quindi, pensavo, se possono farcela gli altri, a vivere senza latte, posso farcela anche io.
Anzi, moltissime persone intorno a me mi raccontavano quanto stavano meglio dopo aver abbandonato il latte, che si sentivano più leggere perché il latte è complesso da digerire, è pesante. Ma soprattutto che si erano resi conto di stare meglio solo dopo averlo fatto. Cocciuta e curiosa come sono, l’esperienza di abbandonarlo per vedere l’effetto che faceva mi tentava sempre di più.
Un mesetto fa allora ho raccolto le mie piccole forze e ho deciso di smettere per un po’ di bere latte vaccino, sostituendolo con quello di soia (schifo), di riso (molto meglio), di mandorla o avena. Hanno un sapore completamente diverso, lontanissimo da quello del latte di vacca. Non lo sostituiscono affatto, se devo essere sincera. E’ proprio tutta un’altra cosa.
E ce l’ho fatta. Nessun mal di testa.
Ho capito una cosa importante: posso vivere senza latte. La mia mente può vivere senza latte.
Ho cambiato un’abitudine e ho capito che posso sempre scegliere.
Ora posso scegliere se bere latte vaccino, o di riso, o di avena.
Non è più un bisogno, è una scelta consapevole e felice. E questa esperienza mi ha regalato un grande senso di me, di forza, di libertà.
Nel metodo Mindfulness questo esercizio viene chiamato DISABITUATORE.
“I disabituatori si basano su pratiche semplicissime che, come suggerisce il nome, rompono le abitudini che ti possono intrappolare nelle modalità negative del pensiero; ti tirano fuori dai binari vecchi e usurati, dandoti nuove vie ampie ed eccitanti da esplorare. Per farlo, sfruttano un’altra cosa che si capisce meditando: cioè che è difficile essere curiosi e infelici allo stesso tempo.” (Cit. Metodo Mindfulness, Mark Williams – Danny Penman)
Provate a cambiare una vostra abitudine. Cominciate da quelle piccole e stupide: fare una strada diversa per andare a lavoro, cambiare sedia a tavola. Poi buttatevi in qualcosa di più “impegnativo”, una di quelle cose per cui dite: io senza… non posso vivere. E scoprirete che potete vivere senza … perché c’è altro oltre… e che la cosa più bella è scegliere ogni giorno tra … e un’altra cosa.
Namastè