Vita

#scrivereinquarantena Terzo Pensiero

Ho deciso di osservare il nobile silenzio per l’intera giornata di oggi. Significa rinunciare alla comunicazione verbale con tutti coloro che conosco, vicini e lontani. Salvo, naturalmente, casi di emergenza.

Perché ho deciso questo? Perché sento l’esigenza di andare ancora più a fondo dentro di me, cosa che questo periodo di “ritiro forzato” sta già di per sé facilitando.

Muta e, in qualche modo, cieca. Cieca nel non sapere cosa accadrà domani, nel non poter vedere molte cose distanti da me, perché il mio spazio si è ridotto. Hanno posto dei limiti ai miei spostamenti, da qui una riduzione dello spazio che posso occupare.

Videochiamate di gruppo, chiamate silenziose ma piene di emozioni con il mio amato, telefonate accorate con amici lontani, chiacchierate sommesse e lente con Stefano, meraviglioso amico e fratello con cui sto condividendo questo periodo, comunicazioni sulla natura di questo fenomeno in corso… silenzierò tutto questo per 24 ore. Perché ne sento proprio il bisogno. Il bisogno di raccogliere l’energia del verbo per un giorno intero. Per poi vedere cosa si trasforma durante, dopo, dentro e fuori di me.

La musica non esisterebbe senza il silenzio.

Ieri ho avuto l’impressione di partecipare a uno dei miei lab Writefulness, e ho sorriso a questo pensiero. Ho sorriso mentre riprendevo in mano il mio romanzo abbandonato da tempo perché non avevo mai né testa, né tempo per scriverlo. Adesso ho entrambe.

In silenzio oggi mi prenderò cura del mio spazio esterno e interno, del mio giardino, delle mie nuvole.

Lucifero

Vita

Disabitudine

Da quanto mi ricordo, nella mia vita il latte c’è sempre stato. Per colazione non poteva mancarmi, con il caffé (o il cacao, quando ero una bimba) e i biscotti. A volte è stato persino la mia cena: latte caldo e pane raffermo. Buonissimo. La più grande coccola della mia vita.

Per me, una vita senza latte, non era contemplabile. Era un bisogno, una necessità. Quando mi succedeva per qualche motivo di non berlo a colazione, puntualmente, anche se pranzavo, alle 15 mi assaliva un mal di testa terribile e dicevo: ecco, questo è perché a colazione non ho bevuto il latte! Io senza latte non posso vivere!

Sembra tanto una dipendenza, vero?

E intorno a me tante persone non la vivevano allo stesso modo. Stavano benissimo anche senza latte. Quindi, pensavo, se possono farcela gli altri, a vivere senza latte, posso farcela anche io.

Anzi, moltissime persone intorno a me mi raccontavano quanto stavano meglio dopo aver abbandonato il latte, che si sentivano più leggere perché il latte è complesso da digerire, è pesante. Ma soprattutto che si erano resi conto di stare meglio solo dopo averlo fatto. Cocciuta e curiosa come sono, l’esperienza di abbandonarlo per vedere l’effetto che faceva mi tentava sempre di più.

Un mesetto fa allora ho raccolto le mie piccole forze e ho deciso di smettere per un po’ di bere latte vaccino, sostituendolo con quello di soia (schifo), di riso (molto meglio), di mandorla o avena. Hanno un sapore completamente diverso, lontanissimo da quello del latte di vacca. Non lo sostituiscono affatto, se devo essere sincera. E’ proprio tutta un’altra cosa.

E ce l’ho fatta. Nessun mal di testa.

Ho capito una cosa importante: posso vivere senza latte. La mia mente può vivere senza latte.

Ho cambiato un’abitudine e ho capito che posso sempre scegliere.

Ora posso scegliere se bere latte vaccino, o di riso, o di avena.

Non è più un bisogno, è una scelta consapevole e felice. E questa esperienza mi ha regalato un grande senso di me, di forza, di libertà.

Nel metodo Mindfulness questo esercizio viene chiamato DISABITUATORE.

“I disabituatori si basano su pratiche semplicissime che, come suggerisce il nome, rompono le abitudini che ti possono intrappolare nelle modalità negative del pensiero; ti tirano fuori dai binari vecchi e usurati, dandoti nuove vie ampie ed eccitanti da esplorare. Per farlo, sfruttano un’altra cosa che si capisce meditando: cioè che è difficile essere curiosi e infelici allo stesso tempo.” (Cit. Metodo Mindfulness, Mark Williams – Danny Penman)

Provate a cambiare una vostra abitudine. Cominciate da quelle piccole e stupide: fare una strada diversa per andare a lavoro, cambiare sedia a tavola. Poi buttatevi in qualcosa di più “impegnativo”, una di quelle cose per cui dite: io senza… non posso vivere. E scoprirete che potete vivere senza … perché c’è altro oltre… e che la cosa più bella è scegliere ogni giorno tra … e un’altra cosa.

 

Namastè